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Studio professionale in casa o catasto attività professionali

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Chiariamo subito che la consulenza su questi temi non rientra nella Convenzione Fiscale, né nella Convenzione Legale a cui hanno accesso i soci benemeriti e/o straordinari.

La competenza in una materia che per molti aspetti cambia di regione in regione e di comune in comune, si trova presso professionisti (geometri e/o architetti) del proprio comune specializzati in gestione di pratiche catastali. Per questo motivo non siamo in grado di creare convenzioni che avvantaggino i nostri soci.

Ma le domande sono frequenti e pressanti per cui vi diamo alcune indicazioni di massima, adeguate ad orientarvi…

Per prima cosa ripetiamo cose già note, ovvero che:

     1) In genere a voi per lavorare non serve un “centro olistico” aperto al pubblico (attività di impresa) ma uno studio professionale che riceve su appuntamento (anche per eventuali attività di gruppo tipo yoga, danza, tai chi ecc.). Precisatelo sulla vostra pubblicità e su eventuali targhe esposte all’esterno.

     2) Per lavorare come libero professionista in uno studio privato non serve né l’iscrizione alla Camera di Commercio, né la presentazione al Comune della S.C.I.A. (Segnalazione  Certificata di Inizio Attività), che ervono solo per le attività di impresa (anche impresa artigiana come estetiste e acconciatori ecc.). Ripeto, non servono!

              Abbiamo avuto la meglio in un contenzioso con un comune della Lombardia che aveva inserito, erroneamente, questo obbligo nel regolamento e multato un socio. Il comune ha fatto marcia indietro!

     3) Non consultate né l’ASL (le DBN non sono pratiche sanitarie, anche se fanno bene), né il Comune, tranne per il calcolo della Tari -tassa rifiuti-). Spesso gli impiegati, ignorando la natura delle DBN che non sono normate, si “attaccano” alle norme previste per la sanità o l’estetica per prudenza e creano obblighi inesistenti.

Cosa devo fare per aprire uno studio professionale o iniziare una attività in uno spazio dedicato presso la mia abitazione? Niente! A parte la segnalazione al Comune per il computo della Tari e, per sicurezza, la verifica che il regolamento condominiale non vieti l’esercizio di attività professionali (evento raro).

Precisato ciò torniamo alle domande poste sopra:

   a) Come deve essere accatastato lo spazio in cui creare lo studio professionale?

La categoria catastale ottimale è la A/10, uffici e studi professionali, ma in genere anche l’accatastamento come abitazione residenziale è tollerato (in quanto spazi in possesso di “agibilità”)

    b) Posso aprire il mio studio nella casa in cui abito?

In genere è tollerato l’uso “promiscuo” (abitazione e studio nello stesso appartamento), anche se alcune regioni o comuni pongono dei limiti in termini di grandezza o percentuale dello spazio complessivo dedicato allo studio.

     c) Posso aprire lo studio in un negozio sulla strada?

I negozi sono accatastati come C/1 e sono spazi destinati al commercio e/o alle attività artigianali (vedi estetiste e acconciatori). Sarebbe preferibile operare un cambio di destinazione (ma in genere i proprietari sono contrari). In 40 anni che gestisco grandi associazioni di operatori dbn non mi è mai capitato di aver segnalazioni di interventi repressivi nei casi, pur numerosi, di utilizzo di negozi come studio professionale. Consiglio in questo caso di coprire l’eventuale vetrina con tende o altro. Per insegne o pubblicità fare riferimento alla normativa comunale. 

      d) Come affrontare una procedura di cambio di categoria catastale?

Rivolgersi ad un professionista locale.

Non esploriamo gli aspetti fiscali (imu, tasse ecc.), quelli normativi per la sicurezza, ecc., che non siamo in grado di approfondire. Rivolgetevi a tecnici locali e professionisti del settore e… buon lavoro